C’erano una volta i tabù. Negli anni della contestazione giovanile, uno dei mantra era quello di spodestare tutti i tabù ereditati dalla tradizione e propugnati dalle generazioni precedenti, in ossequio al progetto di emancipazione libertaria che caratterizzava quella stagione.
Di conseguenza, chi osa oggi anche soltanto criticare le innovazioni tecnologiche (specie nella loro declinazione digitale) è tacciato pertanto di eresia e accusato di assumere un atteggiamento oscurantista, contrario al progresso mirabolante prefigurato e promesso dalla rivoluzione digitale.
L’oscurantismo di chi confonde Innovazione con Progresso
Se di oscurantismo si può parlare, esso in realtà è proprio di chi propugna in maniera acritica l’assimilazione indebita tra “innovazione” e Progresso (con la P maiuscola).
In preda ad un delirio mistico-ideologico, che possiamo hegelianamente indicare come “Ragione Digitale”, si finisce così per considerare ogni declinazione della tecnologia digitale come sinonimo inevitabile di progresso.
La stessa convinzione, ormai data per scontata, di poter risolvere qualsiasi problema quotidiano mediante la semplice installazione di una opportuna applicazione digitale sullo smartphone, è figlia di questa confusione, frutto della retorica ideologica SiliconValliana del “fix-it”.
Emanciparsi dalla fallibilità umana con il pensiero “digi-magical”
Secondo tale concezione, nota anche come Soluzionismo Tecnologico, l’adozione di soluzioni digitali è l’unica strada percorribile per emanciparsi dall’errore umano, sostituendo alla fallibilità delle decisioni umane (reputate inevitabilmente soggettive) l’infallibilità delle decisioni algoritmiche (considerate acriticamente “oggettive”, poichè non condizionate dalle emozioni e dalle idiosincrasie umane) implementate dalle tecnologie digitali.
Poichè tali tecnologie non sono in grado di tenere in adeguato conto la complessità che caratterizza i problemi reali, finiscono per ricondurli alle semplicistiche logiche binarie implementate dai vari gadget digitali.
Il risultato è un ritorno al pensiero “magico” declinato in salsa digitale (un pensiero che chiameremo “digi-magical”), che impedisce agli adepti e ai neo-convertiti alla “Ragione Digitale” di rendersi conto di queste dinamiche, rimanendo intrappolati in una narrazione autocelebrativa della tecnologia che le rappresenta.
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