Molti dei sostenitori di Bitcoin fanno spesso riferimento ad Hayek e alla scuola austriaca di economia (fondata da Menger e Von Mises) per sostenere dal punto di vista economico la possibilità di utilizzare monete alternative a quelle coniate dalle banche centrali e organismi di emissione di tipo statuale o sovrannazionale (come la BCE).

Il riferimento ad Hayek in modo particolare è legato alla pubblicazione del famoso testo “La denazionalizzazione della moneta, analisi teorica e pratica della competizione tra valute” (1976) in cui l’Autore sostiene la possibilità di utilizzare monete “private” in ottica anti-inflazionistica, prevenendo così la perdita di potere di acquisto derivante dalle politiche monetarie discrezionali operate in quegli anni dagli istituti di emissione, e adottate in ossequio alla teoria keynesiana, allora “mainstream”.

La tesi che Hayek avesse anticipato il Bitcoin è indubbiamente suggestiva: gli stessi progettisti di Bitcoin hanno previsto un numero fisso di monete digitali, facendo ricorso a proprietà matematiche, proprio per prevenire i possibili esiti inflazionistici di una attività di mining “discrezionale”.

Per maggiori informazioni sui meccanismi alla base del mining e la tecnologia sottostante a Bitcoin, consultare “Blockchain Fundamentals – La Tecnologia Blockchain in parole semplici”.

Bitcoin antesignano delle monete “libertarie”?

Allo stesso modo, Bitcoin viene visto come uno strumento “libertario”, in linea con la visione politica, oltre che economica, sottostante alle tesi della scuola austriaca.

Ma a parte queste suggestioni, ad un esame più approfondito degli aspetti economici e monetari legati a Bitcoin, molto probabilmente sia Hayek che gli altri maggiorenti della scuola austriaca, avrebbero aborrito le criptovalute, a cominciare proprio da Bitcoin.

Le criptovalute infatti non mostrano praticamente nessuna delle caratteristiche reputate necessarie per potersi definire “monete” secondo quanto teorizzato dalla scuola austriaca di economia, a cominciare dai suoi capostipiti, Carl Menger e Ludwig Von Mises.

Cerchiamo di capire perchè.

Le funzioni necessarie della moneta

Proprio il testo di Hayek citato contiene l’indicazione delle funzioni necessarie assolte dalla moneta; esse sono:

  • mezzo di scambio;
  • unità di conto;
  • riferimento per pagamenti dilazionati;
  • riserva di valore;

Uno strumento monetario, sia esso analogico o digitale, che non fosse in grado di assolvere a tale funzioni, semplicemente non può essere considerato “moneta”.

L’instabilità monetaria, in modo particolare, mina alla base le ultime tre funzioni sopra elencate: una moneta instabile non consente infatti di poter effettuare dei calcoli economici previsionali realistici e affidabili, nè potrebbe essere utilmente impiegata per i pagamenti differiti (in quanto, in caso di rivalutazione imprevista, sarebbe un affare per i creditori ma non per i debitori, e viceversa in caso di svalutazione imprevista), nè infine potrebbe essere utilmente impiegata come riserva di valore.

Una moneta altamente volatile nel suo valore non potrebbe quindi assolvere adeguatamente 3 su 4 delle sue funzioni principali.

E se c’è una cosa evidente e incontestabile riguardo i Bitcoin è proprio la loro estrema volatilità!

La volatilità costitutiva di Bitcoin

Verrebbe da chiedersi se il fenomeno della volatilità estrema manifestata da Bitcoin sia un fenomeno contingente, o al contrario rappresenti una caratteristica connaturata allo strumento stesso.

In realtà il problema della volatilità del Bitcoin è legato ad una scelta progettuale: proponendosi di eliminare alla radice il rischio di inflazione, i progettisti di Bitcoin hanno ritenuto necessario limitarne a monte il numero massimo di coin che è possibile creare mediante mining.

Tale limite è fissato in maniera hardcoded all’interno del codice sorgente di Bitcoin. Il numero massimo di bitcoin che possono essere emessi (estratti), è di 21 milioni.

Nuovi bitcoin vengono aggiunti alla fornitura di Bitcoin ogni 10 minuti circa, che è il tempo medio necessario per creare un nuovo blocco.

In base alle scelte progettuali, il numero di bitcoin coniati per blocco viene ridotto del 50% ogni 210.000 blocchi, ovvero circa una volta ogni quattro anni.

Con il numero di nuovi bitcoin emessi per blocco che diminuisce della metà circa ogni quattro anni, il numero massimo di bitcoin coniati non dovrebbe essere raggiunto prima dell’anno 2140.

Questo limite rigido nella emissione di nuovi bitcoin, considerato dai progettisti come unico rimedio possibile contro l’inflazione, ha come conseguenza l’impossibilità di regolare la liquidità monetaria in funzione della domanda.

Questo è proprio ciò che Hayek contestava nel suo scritto già più volte citato, prescrivendo al contrario che fosse necessario regolare la liquidità in circolazione, riducendola o aumentandola in relazione ad uno specifico paniere di riferimento, al fine di mantenere i prezzi il più stabili possibili.

In questo senso, la stabilità monetaria sarebbe stata conseguita proprio dai meccanismi di libera concorrenza tra le monete “private” e le monete emesse degli istituti di emissione, consentendo agli attori di mercato di poter scegliere liberamente quale strumento monetario avrebbe conservato meglio il proprio valore di riferimento nel tempo.

Non potendosi adattare la quantità di bitcoin in circolazione in relazione alla loro domanda, un eventuale incremento di quest’ultima comporta come necessaria conseguenza un apprezzamento nel valore.

Se la domanda di bitcoin è poi sostenuta da movimenti speculativi, assisteremo a fasi di continua crescita nel valore, seguiti inevitabilmente da crolli di mercato, in relazione alle stesse dinamiche speculative (come testimoniato dagli andamenti di mercato del 2021-2022).

Per garantire la stabilità dei valori sarebbe quindi necessario espandere la base monetaria espressa in bitcoin in concomitanza con le fasi di domanda crescente, e di ridurla in fasi di contrazione della domanda.

Ma questo è proprio quello che non è possibile fare, proprio per le scelte vincolanti adottate dai progettisti di Bitcoin.

Poichè dunque non esiste alcun meccanismo automatico per incrementare (diminuire) la quantità di bitcoin in circolazione in relazione alla domanda di mercato, un aumento (riduzione) della stessa non potrà fare altro che fare aumentare (diminuire) il valore di mercato di Bitcoin, impedendo in questo modo di garantire la stabilità dei prezzi.

Di conseguenza, la volatilità connaturata a Bitcoin ne impedisce la sua adozione in alternativa alle monete tradizionali.

Il Proof of Work non è una soluzione al problema della volatilità

Sarebbe lecito chiedersi se una modifica nel protocollo di consenso adottato da Bitcoin (che ricordiamo è il “Proof of Work”) intervenendo sul livello di difficoltà matematica richiesto nel mining dei bitcoin possa rappresentare una possibile soluzione alla rigidità alla base della volatilità di Bitcoin.

In realtà, un allentamento nella difficoltà dai “challenges” da risolvere in fase di mining avrebbe solo l’effetto di modificare i costi di “produzione” dei bitcoin, e non sortirebbe alcun effetto sulla quantità.

Per maggiori informazioni sui meccanismi alla base del mining e dei consensus protocols, consultare “Blockchain Fundamentals – La Tecnologia Blockchain in parole semplici”.