Perchè il pollo nella Blockchain proprio non ci entra, si rifiuta…

La recente notizia riguardo al fatto che Carrefour abbia deciso di adottare tecnologie ispirate alla Blockchain per condurre la tracciatura della filiera del pollo ha destato scalpore, in quanto rappresenterebbe solo il primo passo di una “rivoluzione” che arriverebbe a coinvolgere potenzialmente tutta la filiera produttiva e distributiva agro-alimentare, allo scopo di permettere al consumatore di controllare, mediante l’utilizzo di un opportuno QR Code, tutto il percorso che il prodotto ha effettuato, prima di finire in tavola.

Nelle intenzioni, infatti, dopo i polli seguirebbero gli agrumi e progressivamente altre filiere verrebbero aggiunte a decorrere dal 2019.

Ora, a parte i discutibili ritorni in termini pubblicitari della decisione di mettere il “pollo nella blockchain”, quali implicazioni devono essere tenute in considerazione nella valutazione delle conseguenze di una tale scelta tecnologica?

Non chiamatela Blockchain…

In primo luogo, sarebbe opportuno distinguere la Blockchain propriamente detta (vale a dire la tecnologia originariamente sviluppata a supporto dei Bitcoin), con tecnologie affini, ma differenti non solo dal punto di vista implementativo, ma anche di “filosofia” di fondo.

Non a caso, si parla più correttamente di Distributed Ledger Technologies (DLT) proprio per distinguerle dalla Blockchain (public ledger distribuito in modalità peer-to-peer) che fa da supporto ai bitcoin.

In secondo luogo, bisogna valutare attentamente il grado di maturità raggiunto da tali tecnologie DLT, soprattutto per l’impatto che scelte importanti come questa possono avere negli anni a venire su tutto l’indotto, oltre che per l’Azienda stessa.

Tecnologie DLT: Pro e Contro per la Supply-Chain

Quali sono quindi i vantaggi e gli svantaggi, le opportunità e i rischi dell’adozione di soluzioni Blockchain-like nell’ambito della Supply-Chain Innovation?

Per quanto concerne i vantaggi, nel caso della scelta di Carrefour, questi sembrerebbero (almeno sulla carta) evidenti:

  • trasparenza sul prodotto e sulla sua qualità, a beneficio non solo del consumatore;

  • miglioramento dell’efficienza interna nel controllo qualità;

  • lotta agli sprechi alimentari e ottimizzazione della logistica;

Tuttavia, in che misura è in concreto applicabile ad un prodotto fisico il processo di certificazione che è stato originariamente pensato e progettato avendo come riferimento degli asset digitali?

Il necessario ricorso ad un elemento identificativo analogico come substrato di tracciatura infatti, riflette tutti i pregi (e i difetti) dei processi di verifica implementati nella filiera sottostante, e non è certo sufficiente l’aggiunta (o la sovrapposizione) della Blockchain a “certificarne” l’integrità, se essi stessi presentano “falle” o lacune.

La stessa “immutabilità dello storico”, che si intende conseguire mediante l’introduzione di un ledger distribuito, potrebbe rivelarsi uno svantaggio, piuttosto che un vantaggio, in presenza appunto di errori che afferiscano alla filiera fisica sottostante, vista la “rigidità” che caratterizza le tecnologie DLT (che per definizione, non ammettono modifiche retroattive, a meno che queste non siano “condivise” da tutti i nodi componenti il ledger stesso).

Se la tracciatura sottostante alla filiera contiene un identificativo errato, c’è il rischio di certificare il falso, archiviando un dato errato nel ledger senza possibilità di modifica!

Tecnologie DLT: quanto sono mature?

Altri aspetti problematici delle tecnologie DLT che si ispirano alla più famosa Blockchain attengono in generale alla attuale maturità delle loro implementazioni.

Tra le problematiche da valutare con attenzione ricordiamo:

  • scalabilità dell’architettura;

  • lentezza delle performances;

  • necessità di ridondanza;

  • introduzione di consensus algorithms adeguati;

  • complessità dell’architettura;

  • sicurezza nelle/delle transazioni;

ma di questi, come di altri aspetti, avremo modo di occuparci nei prossimi interventi.