Secondo qualcuno, il Parlamento avrebbe le ore contate…

Ancora non si è spenta l’eco delle polemiche destate dalle affermazioni provocatorie pronunciate da Davide Casaleggio, in cui viene “profetizzata” la fine del parlamento nel giro di pochi lustri, che già molti si interrogano sulle possibili alternative tecnologiche ai tradizionali meccanismi legislativi e di governo, e la principale “indiziata” è proprio lei: la Blockchain.

Di seguito cercheremo di capire fino a che punto sono fondate tali affermazioni.

I vantaggi della Blockchain

Senza dubbio la Blockchain offre una serie di caratteristiche che possono effettivamente essere impiegate per gestire le varie fasi del processo decisionale, a partire dall’espressione del voto dei cittadini (e alcuni esempi di implementazione di sistemi di voto, come Bitagora, basato su Hyperledger Sawtooth, stanno già facendo la loro comparsa).

Sfruttando i vantaggi dei protocolli di crittografia asimmetrica (Public Key Infrastructure) è infatti possibile certificare l’esito delle votazioni prevenendo di conseguenza qualsiasi possibilità di brogli elettorali.

Blockchain e scrutinio segreto: un binomio possibile?

Uno dei requisiti imprescindibili per la libera formazione e manifestazione del consenso elettorale è senza dubbio costituito dalla garanzia della segretezza del voto.

Non a caso nelle storiche elezioni del 1948 i manifesti elettorali della DC riportavano lo slogan “Nel segreto dell’urna Dio ti vede, Stalin no”, nel tentativo di accattivarsi il voto anche dei dissidenti o degli indecisi presenti nelle opposte fazioni politiche, confidando nel fatto che se le procedure di voto si fossero condotte a scrutinio pubblico, anzichè segreto, nessuno di loro avrebbe osato sfidare apertamente la disciplina del proprio partito di appartenenza.

Come garantire quindi la necessaria riservatezza del voto con la Blockchain?

In realtà, non è difficile ipotizzare l’implementazione di una Blockchain che garantisca adeguati livelli di “riservatezza” del voto espresso dai singoli cittadini.

Già oggi esistono infatti schemi di Blockchain “permissioned” (il principale tra questi è forse Hyperledger, ma la stessa Multichain potrebbe fare al caso), secondo le quali è possibile consentire addirittura all’elettore stesso la definizione della granularità di accesso al proprio voto da parte di terzi (con una scala di accesso che va dalla trasparenza assoluta alla totale riservatezza).

Il parlamento ha davvero le ore contate?

In base a quanto detto finora, dobbiamo quindi concludere che il destino delle istituzioni parlamentari tradizionali sia necessariamente segnato, dovendo verosimilmente cedere il passo alle soluzioni tecnologiche quali la Blockchain?

In realtà, dovendo affrontare la questione da un punto di visto non meramente tecnologico, che tenga in debito conto gli aspetti sostanziali del problema, vale a dire quelli afferenti il corretto funzionamento di un’istituzione di centrale importanza, quale è il Parlamento, nel preservare l’assetto democratico di un Paese, occorre subito smascherare le suggestioni che ispirano i sostenitori delle soluzioni alternative in salsa tecnologica.

Vale a dire, la possibilità che l’impiego della tecnologia possa finalmente realizzare il “sogno” di una democrazia digitale diretta, soppiantando così la democrazia rappresentativa di cui il Parlamento rappresenta il simbolo per eccellenza.

In questo modo, si dice, i cittadini potrebbero esercitare i propri diritti democratici e “far valere la propria voce” direttamente, senza necessità di intermediari (quali i partiti politici e in generale i politici “di professione”), disintermediando la politica allo stesso modo in cui la rete Internet ha disintermediato gran parte dei servizi che prevedevano l’intervento dell’“uomo nel mezzo” (a cominciare dai servizi finanziari).

Il Mito della Democrazia Diretta in salsa Digitale

Non solo quindi il destino del Parlamento non è affatto scontato, ma è l’idea stessa della democrazia diretta, che possa fare a meno del principio di delega su cui si basano le tradizionali democrazie rappresentative, a costituire il vero “anello debole” della questione, piuttosto che le tecnologie in se stesse.

E non è difficile rendersi conto del perchè.

La “democrazia diretta” presuppone infatti un grado di consapevolezza (e di competenza) da parte dell’elettore, da esercitarsi nelle materie più varie, che prescindono dalla affidabilità dello strumento utilizzato nel processo decisionale.

Non sarà certo colpa della Blockchain se gli elettori prenderanno le decisioni sbagliate su materie specifiche in cui non hanno alcuna competenza!

Al contrario, è possibile prevedere un incremento di decisioni poco meditate (magari prese sull’onda della emotività) da parte del cittadino/parlamentare “diretto”, che pensa di esercitare i propri diritti democratici con la stessa immediatezza di una chat o di un social media.

Peccato però che l’esercizio concreto dei diritti democratici spesso non sia così semplice come mettere un “like” su un post!