C’è un sofisma insopportabile (per la sua tendenziosità, oltre che per l’erroneità di fondo) che da troppo tempo circola sul web, e che a più riprese viene sfruttato per svilire e delegittimare ogni richiamo legittimo alla tutela della Privacy sul web.
Il sofisma recita pressapoco così:
Non ti vergogni neanche un pò del tuo egoismo narcisistico da individualista incorregibile?
A parte il tono smaccatamente moralistico che caratterizza da sempre i vari Savonarola digitali e G.U.R.U. (Grandi Usurpatori della Ragionevolezza Umana, ndr) del web, appare evidente l’intento sotteso a tale argomento di far leva sul senso di colpa dell'”utonto” (ovvero del minus abens digitale da redimere) per indurlo ad adottare comportamenti socialmente responsabili, come ad es. installare le app di tracking anti-covid, senza far tante storie, men che mai avanzando obiezioni basate sulla tutela della riservatezza.
Installa Immuni e pentiti, Utonto!
Non è un caso che proprio a seguito del flop (peraltro ampiamente annunciato) della italica tracking app anti-covid, dal nome suggestivo “Immuni”, i soloni del web abbiano ripreso la loro mai sopita attività moralizzatrice dei costumi digitali altrui, nell’intento di indurre così anche i più recalcitranti ad installare la suddetta app, da cui dipenderebbe la salvezza delle umane genti presenti e future.
Che il sofisma sia logicamente fallace, appare di palmare evidenza, pertanto non ci sarebbe alcuna necessità di approfondire ulteriormente.
Tuttavia, l’uso pretestuoso di tale argomento, specie nel contesto emotivo particolamente gravoso determinato dalla diffusione del covid, potrebbe impedire a molti di accorgersene, in ossequio al famoso aforisma di Aristotele, secondo il quale “le emozioni sovrastano la ragione”.
Vediamo quindi perchè il summenzionato sofisma è fallace, oltre che tendenzioso.
Condivide et Impera
Innanzitutto, proprio il fatto che sia l’utente stesso nella posizione di scegliere che tipo di dati condividere pubblicamente, semmai conferma che non si è affatto rinunciato alla tutela della propria riservatezza, nè che si intenda consentire che altri sfruttino in maniera indiscriminata e non autorizzata i dati pubblicamente condivisi.
Detto in altri termini, il fatto che io lasci aperta la porta di casa non autorizza gli altri a violare il mio domicilio, cosí come il fatto che il mio numero di telefono appaia nell’elenco telefonico autorizzi chiunque a telefonarmi liberamente e indiscriminatamente ad ogni ora del giorno e della notte…
E qui i soloni hanno pronta la contro-risposta: “in questo modo però, caro ‘utonto’, tu metti a repentaglio la tua sicurezza, condividendo in maniera disinvolta i tuoi dati personali!”
Che gli utenti debbano essere maggiormente sensibilizzati sull’utilizzo consapevole degli strumenti digitali, al fine di prevenire minacce di sicurezza, questo è senz’altro vero, ma non deriva logicamente dall’argomento di cui sopra.
Al contrario, la maggiore fiducia (magari mal riposta) degli utenti verso i social media, è in molti casi determinata proprio dalla opacità delle applicazioni stesse, che rendono “trasparente” all’utente sia le finalità, che le modalità concrete, del trattamento dei dati personali…
Stesso dicasi per l’argomento affine a quello in esame, secondo il quale “sul web siamo tutti spiati”, per cui faremmo meglio a rassegnarci alla fine prematura della privacy…
Il lato non umano della sicurezza
A dispetto di quanto si voglia far credere, oltre che ai comportamenti “disinvolti” degli utenti, le vulnerabilità di sicurezza sono sempre più spesso determinate in realtà dall’installazione su di un unico dispositivo di apps con finalità tra loro eterogenee, oltre che mal progettate, che contribuiscono ad aumentare la superficie d’attacco complessiva.
In questo senso l’installazione della app Immuni non fa eccezione, anzi: oltre a richiedere che il protocollo bluetooth rimanga constantemente attivato, lasciando di conseguenza spazio a possibili attacchi informatici di varia e diversa natura, di recente sono state evidenziate vulnerabilità che afferiscono proprio al framework software sottostante utilizzato dalla app e che possono violare sia la sicurezza, che la riservatezza degli utenti.
Tanto per gradire, vi suggeriamo di guardare una simulazione di un replay attack contro Immuni:
Alla luce di quanto sopra, i dubbi degli utenti sugli aspetti di sicurezza e privacy di tali “gadgets” sono tutt’altro che mal riposti…
Mal comune non è mezzo gaudio
Infine, il fatto che alcuni utenti si comportino in maniera “disinvolta” sui social media non esclude che altri utenti siano invece particolarmente attenti e interessati al corretto trattamento in forma digitale dei propri dati personali.
Non ha senso quindi sminuire le preoccupazioni legittime su privacy e sicurezza perchè alcuni utenti dei social non se ne curano adeguatamente.
Sarebbe come dire che poichè ci sono alcuni automobilisti che passano col rosso, i semafori non sono efficaci e tanto vale eliminarli…
Tutti questi sofismi, alla resa dei conti, sono utilizzati in maniera strumentale dai “no-privacy” per distrarre l’attenzione del pubblico (facendo leva sulla fallacia logica nota come “Straw Man”) dalla reale materia del contendere, che nel caso delle tracking apps è la seguente:
Su questo argomento ci siamo già espressi in altra sede (Immuni obbligatoria per entrare in classe? Ma anche no!) cui rinviamo il lettore interessato per ulteriori approfondimenti.
© Alessandro Parisi - All rights reserved
Vietato l'uso dei contenuti per l'addestramento di Intelligenze Artificiali Generative