Theresa May, i Social Media

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I Social Media come “terreno di coltura” del Terrorismo?

Non più tardi del lunedì successivo all’attentato di Londra, avvenuto durante la notte di sabato 3 giugno 2017, la premier inglese Theresa May, nel suo discorso pubblico ha non solo annunciato (con un’enfasi comprensibile emotivamente, ma non del tutto condivisibile razionalmente) di “averne abbastanza” (‘enough is enough’) del terrorismo islamico, al punto di ventilare nuove misure restrittive della libertà personale, in abbinamento a più stringenti poteri e maggiore libertà di azione per l’intelligence investigativa, ma ha chiamato alle loro responsabilità i Big della Rete e del Web, tacciandoli di costituire la nuova “zona franca” (‘safe space’) per estremisti di ogni risma e specie.

Che i leader del web (a cominciare dai social media) non possano più cavarsela tanto “allegramente” declinando le proprie responsabilità facendo appello in maniera preconcetta a quella “net neutrality” che caratterizzerebbe i servizi internet in generale, oppure derubricando la questione della tutela della privacy degli utenti a reliquia del passato (con slogan tipo la “privacy su internet è morta”), pare onestamente fuori di dubbio.

Fosse solo per una questione di immagine (la diffusione di proclami e messaggi terroristici avviene infatti sempre più spesso “a casa loro”, vale a dire sfruttando i canali di comunicazione da questi messi a disposizione della massa indistinta di utenti) le multinazionali del web e dei social media dovrebbero adoperarsi in maniera proattiva a disincentivare tali impieghi distorti dei propri mezzi di comunicazione.

Quanto questo sia concretamente fattibile nella pratica, senza peraltro intaccare la libertà di espressione degli utenti, è ovviamente tutto da dimostrare.

Così come è tutto da dimostrare che ulteriori restrizioni della privacy, propugnate ogni volta in occasione di eventi tragici come quelli dell’attentato terroristico di Londra, siano realmente efficaci a prevenire futuri attacci terroristici, e non assecondino, invece, il reale intento perseguito dei terroristi.

Vale a dire, quello di costringere il mondo occidentale a rinunciare alle libertà civili (privacy inclusa) conseguite con sofferenze e sacrifici nel corso degli ultimi secoli di storia, sotto la minaccia di un nuovo terrore globale, istituendo così un regime oppressivo al posto delle democrazie tradizionali.